I giudici hanno dato la possibilità ai legali del muratore di Mapello di effettuare analisi sui campioni raccolti quasi dieci anni fa.
Il caso Yara Gambirasio è sempre stato una matassa per i legali ed i giornalisti che hanno cercato, negli anni, di sbrogliarlo. Una storia di supposizioni e di certezze che si è conclusa, circa dieci anni fa, con la condanna di Massimo Bossetti all’ergastolo in tutti e tre i gradi di giudizio.
Il muratore di Mapello, però, non ha mai perso la speranza e ha sempre affermato la propria innocenza, spingendo i suoi avvocati a fare lo stesso. Il recente accesso, concesso ai legali di Bossetti, ai 54 reperti deposistati in Tribunale ha infatti spinto l’ergastolano a parlare in tv e a paragonarsi a Rosa e Olindo: anche lui, come i protagonisti del delitto di Erba, spera di uscire di prigione nonostante le condanne ricevute negli anni.
Il commento di Massimo Bossetti
“Finalmente – ha scritto il muratore di Mapello al conduttore Marco Oliva, volto della trasmissione Iceberg di Telelombardia che si sta occupando del caso – mi viene concessa la possibilità di fare la ricognizione dei reperti. Un raggio di sole è riuscito a penetrare nell’oscurità di questo grande buio. Non mi faccio abbattere dall’ingiustizia, tengo viva la speranza di credere che la giustizia ancora esiste“.
“Quello che più oggi spero – afferma l’ergastolano – è che quei campioni di Dna non siano così davvero mal custoditi come si è sentito dire, ma che possano essere ancora utili attraverso indagini difensive con appositi macchinari più sofisticati rispetto al passato, dato che la scienza si è molto evoluta“.
“Non esiste un quarto grado”
Va detto, comunque, che i giudici non sono particolarmente solidali con il muratore di Mapello ed anzi, all’interno del documento in cui concedevano l’accesso ai reperti del caso ai suoi legali, gli hanno ricordato che “non esiste un quarto grado di giudizio“.
Nonostante ciò, Bossetti non si arrende e conclude: “Nel mio caso trovo che sia tutto altamente vergognoso ed irrispettoso che a distanza di 9 anni dal mio disumano arresto ad oggi ancora rimango all’oscuro sull’esistenza di questi reperti, sul loro stato di conservazione e di come attualmente si presentano. La mia speranza dopo la decisione della Cassazione è quella di vedere affrettare i tempi alle indagini“.